Processi pedogenetici e movimenti franosi

1.1     Cenni sulla pedogenesi

Una parte molto importante e interessante della Geologia, spesso poco conosciuta e approfondita, è la Pedologia.

In termini estremamente semplici, quest’ultima si occupa dello studio della pedogenesi, ossia di quell’insieme di processi di alterazione chimico-fisica, mineralogica e geotecnica che coinvolgono una roccia madre[1] di partenza, portando gradualmente alla formazione del “suolo”; tali processi sono indotti da fattori fisici, chimici e biologici ed è importante specificare che ogni fattore non è mai considerato in modo indipendente, bensì in stretto legame con tutti gli altri.

Con l’avanzare dell’azione dei processi pedogenetici, la roccia madre tende a perdere parte dei suoi caratteri originari, trasformandosi gradualmente, a partire dalla sua porzione più superficiale, in un suolo di neoformazione che avrà caratteristiche diverse rispetto alla roccia inalterata di partenza.

Il suolo può essere osservato sul campo sotto forma di una serie di superfici di alterazione ad andamento orizzontale-suborizzontale, che dal substrato inalterato (roccia madre) si sviluppano verso l’alto e che tecnicamente prendono il nome di “orizzonti pedologici”, i quali possono presentare caratteristiche simili o essere molto diversi tra di loro e che nel complesso costituiscono un “profilo pedologico”.

Fig. 1: Esempio di un profilo pedologico caratterizzato da 3 orizzonti pedologici (Montesani M., 2017).

 

La situazione geologica descritta poc’anzi, talvolta può rappresentare uno scenario di criticità per l’innesco di movimenti franosi superficiali, come verrà spiegato in dettaglio nel paragrafo successivo.

[1] In questo articolo, per una questione di semplicità, verrà utilizzato genericamente il termine roccia madre associato ai processi pedogenetici, in realtà bisognerebbe parlare genericamente di “materiale parentale”, in quanto i processi pedogenetici non agiscono esclusivamente sulle rocce, ma possono agire anche su altre tipologie di materiali.

 

 

 

1.2    Processi pedogenetici e frane superficiali

 

Gli effetti dei processi pedogenetici sulle rocce come fattori predisponenti, e talvolta scatenanti, di numerose frane superficiali, sono stati analizzati in diversi lavori: Cascini et Al. (2015), hanno analizzato numerose frane superficiali localizzate nella Catena Costiera, nel Massiccio della Sila e nel Graben di Catanzaro, impostate su successioni limoso-argillose o argilloso-limose, sulle quali sono stati individuati profili pedologici con spessori medi di circa 3 metri.

Dal suddetto lavoro è emerso che molte delle superfici di distacco delle frane superficiali, individuate a profondità comprese tra 1-3 metri, sono state precedute dall’apertura di fratture nei profili pedologici, con conseguente evoluzione del fenomeno franoso a seguito dell’infiltrazione di acqua lungo le fratture.

I dati geotecnici riportati nel lavoro, hanno inoltre evidenziato sostanziali differenze, in termini di valori di resistenza al taglio, tra il materiale parentale e i profili di alterazione e anche tra gli orizzonti pedologici costituenti i profili di alterazione.

 

Fig. 2: Movimento franoso superficiale che ha interessato una copertura pedogenetica che si è sviluppata su materiale parentale argilloso (Cascini et Al., 2015).

 

La pedogenesi ha avuto un ruolo chiave anche in un evento franoso catastrofico, come quello che il 5 maggio 1998 ha coinvolto gli abitati di Sarno, Quindici, Siano, Bracigliano e S. Felice a Cancello (Napoli), causando 161 vittime; a tal proposito, nei lavori di Basile et Al. (2003) e Terribile et Al. (2007), è stato messo in evidenza il ruolo chiave che hanno avuto i suoli con proprietà andiche (Andosuoli), in relazione all’innesco del movimento franoso.

Gli Andosuoli presentano proprietà specifiche quali tissotropia, alta capacità di ritenzione idrica, consistenza friabile, elevato contenuto di materia organica ed elevata microporosità, un insieme di proprietà che rendono nel complesso questi suoli particolarmente fertili e soprattutto molto vulnerabili all’innesco di movimenti franosi (Terribile et Al.,2007).

Nello specifico, dai suddetti lavori è emerso che l’innesco dei movimenti franosi si è avuto in seguito alla formazione di superfici di distacco all’interfaccia tra orizzonti pedogenetici diversi, in particolare caratterizzati da importanti variazioni delle proprietà idrauliche con la profondità.

Infine, la ricerca svolta nel corso del mio lavoro di tesi Magistrale (Montesani M.,2017), ha permesso di mettere in atto uno studio integrato a carattere pedologico, chimico-fisico, mineralogico e geotecnico, condotto in località “Dottorella” nel comune di Mileto (Vibo Valentia), un’area interessata da importanti fenomeni franosi che spesso provocano notevoli disagi, in quanto la zona è percorsa da diverse arterie stradali principali ed è inoltre servita da una stazione delle Rete Ferroviaria Italiana.

Lo studio si è rivelato uno strumento molto potente al fine di mettere in evidenza il ruolo che hanno avuto i processi pedogenetici nella predisposizione al dissesto dell’area e nel meccanismo di innesco di una frana superficiale che ha avuto luogo la notte tra il 15 e il 16 marzo 2013; in particolare, volendo sintetizzare al massimo, dallo studio è emerso che la pedogenesi tende a rendere il materiale maggiormente mobilizzabile sotto l’azione dei processi erosivi, predisponendo fortemente l’area all’innesco di movimenti franosi superficiali, considerati anche i forti apporti pluviometrici che si hanno nel corso delle stagioni invernali, sotto l’influenza del clima di tipo Mediterraneo.

 


Bibliografia

 

Basile A., Mele G., Terribile F.,. «Soil hydraulic behaviour of a selected benchmark soil involved in the landslide of Sarno 1998.» Geoderma 117 (2003): 331-346.

Cascini L., Ciurleo M., Di Nocera S.,Gullà G,. «A new-old approach for shallow landslide analysis and susceptibility zoning in fine-grained weathered soils of southern Italy.» Geomorphology 241 (2015): 371-381.

Montesani M. «Caratterizzazione pedologica, chimico-fisica, mineralogica e geotecnica della frana in località “Dottorella” di Mileto (Vibo Valentia).» Tesi di Laurea Magistrale in Scienze Geologiche, 2017.

Terribile F., Basile A., De Mascellis R., Iamarino M., Magliulo P., Pepe S., Vingiani S. «Landslide processes and andosols: the case study of the Campania region, Italy.» Soils of Volcanic Regions in Europe, 2007: 545-563.

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Dott. Geol. Matteo Montesani

QUARANTENA E QUALITA’ DELL’ARIA NEGLI AMBIENTI DOMESTICI

In questa lunga permanenza nei nostri ambienti domestici, può risultare interessante conoscere un fenomeno di forte interesse nel mondo dell’ingegneria e non solo.

In questo articolo andremo a parlare di qualità dell’aria negli ambienti indoor.

L’espressione “ambiente indoor” definisce gli ambienti confinati adibiti a dimora, svago, lavoro e trasporto, quindi tutti quegli ambienti che costituiscono, da 50 anni, gli ambienti maggiormente vissuti dall’uomo nella sua quotidianità, con una media del 60% del tempo giornaliero.

In questa definizione rientrano, dunque, le abitazioni, gli uffici pubblici e privati, gli ospedali, le strutture ricreative (ristoranti, negozi, strutture sportive) e mezzi di trasporto pubblico e privato. Ognuna di queste tipologie ha requisiti specifici al fine di poter garantire le migliori condizioni igieniche.

Al fine di poter ottenere dei valori di riferimento, dal 2001 e poi con successivi aggiornamenti, sono state definite le “Linee guida per la tutela e la promozione della salute negli ambienti confinati” dal Ministero della Salute ed è stato introdotto il termine IAQ (Indoor Air Quality), utile a definire analiticamente le condizioni in base agli ambienti.

 

Conoscere la qualità dell’aria presente nei locali e poter attuare misure di correzione di parametri specifici è di importanza fondamentale.

Basti pensare ad esempio agli ambienti ospedalieri, come ad esempio una sala operatoria, dove, mediante specifici controlli, l’aria all’interno può essere filtrata e pulita per azzerare il rischio di contagio da virus o batteri, può essere controllata la temperatura e l’umidità per poter garantire un ambiente favorevole al lavoro, senza conseguenze sia per operatori che per pazienti.

Oppure si può pensare ai musei, dove è rigoroso il vincolo di temperatura ed umidità, al fine di preservare la durata delle tele, soprattutto quelle dipinte ad olio.

O nelle nostre semplici case, dove spesso si rischia la formazione di muffa o altri batteri nocivi alla nostra salute, dovute a condizioni termoigrometriche sfavorevoli per gli ambienti.

 

Le sorgenti dell’inquinamento indoor sono numerose.

Innanzitutto l’ambiente outdoor, quello esterno, influenza in modo significativo l’aria nelle nostre stanze. Nelle zone particolarmente interessate dall’inquinamento atmosferico si denotano valori di deposito di sostanze nocive negli ambienti molto importanti. Si distinguono poi varie tipologie di fonti che influenzano l’aria interna:

 

 

  • Inquinanti Chimici

    Sono tutte le tipologie derivanti da reazioni chimiche usate quotidianamente, ad esempio gli ossidi di azoto, biossidi di zolfo o monossido di carbonio (derivanti da una combustione senza scarico esterno, come cucine, stufe, caldaie o radiatori), oppure amianto, benzene e formaldeide (derivanti da materiali da costruzione, adesivi o vernici), o più comunemente da fumo da camino, collegamenti a gpl o metano mal posti e per ultimo, e forse più noto, il fumo di sigaretta.

  • Inquinanti Fisici

    Derivano da fenomeni naturali che possono, in determinati casi, influire in modo concreto e pericolo al malessere all’interno di un’ambiente. Il più noto è l’inquinamento da Radon, gas radioattivo naturalmente presente in concentrazioni nei terreni e che ha, tra le sue proprietà, la forte volatilità negli ambienti.

  • Inquinanti di origine microbiologica

    Sono tutti gli inquinanti di origine biologica, quali la polvere, i servizi degli edifici e la presenza degli occupanti (uomo e animali) che possono fungere da vettori trasportatori di batteri, virus, allergeni e affini. Si pensi alle muffe che si creano negli angoli delle case, interessati da forti sbalzi termici o alle forti reazioni allergiche dovute alle polveri. Questo è l’aspetto più importante in questo periodo, dove il contagio da Coronavirus, che usa come vettore la saliva o le goccioline da respiro, rende fondamentale il controllo degli ambienti, al fine di poter ridurre il rischio, soprattutto negli ambienti ospedalieri

Alla luce di quanto spiegato, risulta evidente quanto sia importante, sia in fase progettuale che nella vita quotidiana, un’attenzione particolare a questo fenomeno.

Abbiamo oggi a disposizione tantissimi strumenti utili per analizzare e correggere il fenomeno, tra i quali la costruzione di sistemi a ventilazione meccanica controllata, centraline per il controllo della temperatura, dell’umidità e perfino di concentrazioni di agenti inquinanti nelle stanze.

Tutti questi sistemi sono studiati e valutati per garantire un ricambio/ricircolo di aria utile per rimanere in alcuni valori specifici.

Nella vita giornaliera ci basti pensare ai filtri presenti all’interno dei nostri climatizzatori, o alle cappe nelle nostre cucine, entrambi sistemi che possono aiutare tanto ai fini della qualità ambientale.

La qualità dell’aria indoor è un argomento molto complesso, che merita piena attenzione per poter garantire risultati ottimali per la nostra salute e per l’ambiente.

Speriamo che quest’articolo, che abbiamo cercato di semplificare nella sua completezza, possa stimolare un po’ di curiosità e attenzione su un tema molto interessante, soprattutto alla luce del nostro lungo periodo in casa.

 

Maltempo, nubifragio sul vibonese.

In serata le piogge sono diventate molto intense a ridosso del vibonese, dove si sono registrati allagamenti e frane.

Il forte maltempo sulla Calabria centro meridionale, è stato prodotto dalla presenza di correnti umide da ponente, le quali,  passando sul mar Tirreno,  hanno apportato umidità a terra, dove si è scaricata entrando in contrasto sia con l’orografia presente, che con le correnti in quota provenienti da Nord.

Un effetto che ha caricato fortemente l’instabilità sul vibonese, dove si sono scaricate ingenti piogge in uno spazio abbastanza ristretto e in poco tempo.

Le stazioni meteorologiche segnano oltre 70mm (l/m2) in meno di 4 ore, portando rapidamente alla saturazione dei terreni e alla conseguente formazione di allagamenti e smottamenti.

Fig.1 – Mappa delle stazioni pluviometriche – mappa by meteonetwork, stazioni Arpacal

Dalla figura 1 possiamo notare come le piogge si siano concentrate lungo una fascia compresa tra Maierato e Gioia Tauro

Nei video e nelle immagini qui di seguito, possiamo vedere delle testimonianze arrivare direttamente di luoghi interessati.

[Immagini realizzate da Piero e Giuseppe Cannizaro]

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Riportiamo in conclusione quanto descritto dai giornali locali:

Da ilvibonese.it

“Mezzi già al lavoro – nonostante la pioggia battente – per rimuovere l’ingente quantitativo di fango e detriti che ha invaso, in serata, l’unica via d’accesso e il piazzale dello stabilimento Giacinto Callipo Conserve alimentari Spa, dove si produce il rinomato Tonno Callipo. Le piogge torrenziali che si sono abbattute su buona parte del territorio provinciale vibonese, dalla costa all’entroterra, non hanno dunque risparmiato neppure l’area dell’Angitolano, né la ex Statale 110 che si presenza allagata in vari punti e interessata da vari smottamenti che ne ostruiscono il transito”.

Qui l’articolo completo

https://www.ilvibonese.it/cronaca/64954-maltempo-vibonese-piazzale-stabilimento-callipo-invaso-fango-detriti-video/

Ass. Meteopresila.

Frane e classificazione dei movimenti franosi

Definizione del termine “frana”

 

Le frane possono essere intese come forme strettamente legate alla gravità, prodotte dalla rottura dell’equilibrio dei materiali che costituiscono un determinato versante; in particolare il movimento franoso consiste nella caduta o nello scivolamento di masse rocciose, coerenti o incoerenti, che si distaccano da un pendio e per gravità subiscono un graduale movimento dall’alto verso il basso.

Analizzando la situazione da un punto di vista più tecnico, si può dire che il movimento franoso si verifica quando, all’interno del corpo roccioso, gli sforzi di taglio, che tendono a far muovere il materiale verso il basso, superano le forze resistenti, rappresentate dall’angolo di attrito e dalla coesione del materiale considerato (Ciccacci, 2010).

Da un punto di vista morfologico, una frana può essere suddivisa in una zona di distacco, una zona in cui avviene il movimento e una zona di accumulo, insieme ad altri elementi morfologici che la caratterizzano e che sono stati schematizzati in fig 1.

Fig. 1: Schema e nomenclatura essenziale di una frana (Varnes, 1978).

 

Classificazione dei movimenti franosi

Dopo aver spiegato cosa si intende con il termine frana e dopo averne illustrato per sommi capi la morfologia, proviamo di seguito a fare una classificazione dei principali movimenti franosi (da Ciccacci, 2010):

  • Ribaltamenti

Movimenti franosi dovuti a forze esterne che causano uno sforzo attorno a un punto di rotazione situato al di sotto del baricentro del volume di materiale interessato.

 

  • Frane di crollo

Movimenti franosi estremamente rapidi, in cui le masse rocciose coinvolte si muovono mediante caduta libera con successivi rotolamenti, salti e rimbalzi del materiale franato, il quale può essere costituito da roccia o da terreno sciolto.

 

  • Scorrimenti traslazionali

Il movimento franoso si verifica in prevalenza lungo una superficie di distacco debolmente ondulata o quasi piana, corrispondente spesso a discontinuità strutturali, come giunti di stratificazione, fratture, faglie o contatti litologici tra rocce con caratteristiche geomeccaniche molto diverse. Si tratta di movimenti con velocità variabile da lente a molto rapide, spesso legati a presenza di acque sotterranee che “lubrificano” il piano di scivolamento, al contatto tra rocce più permeabili sovrastanti e materiali poco permabili sottostanti.

 

  • Scorrimenti rotazionali

Il movimento franoso è correlato a forze che producono un movimento di rotazione attorno a un punto posto al di sopra del baricentro della massa rocciosa, che vanno a produrre una superficie di rottura curvilinea e concava verso l’alto.

 

  • Colamenti

I colamenti rappresentano movimenti franosi, solitamente piuttosto lenti, che si verificano in terreni sciolti quando questi si imbibiscono d’acqua per spessori di qualche metro; in questa tipologia di movimento franoso le superfici di scorrimento non sono in genere visibili.

Questa tipologia di movimento franoso è molto frequente su terreni argillosi.

 

  • Espansioni laterali

Queste tipologie di movimenti franosi sono un po’ particolari, in quanto sono connesse a movimenti di masse rigide fratturate, a seguito di deformazioni plastiche che si verificano nei materiali sciolti, spesso caratterizzati da un’importante componente argillosa, presenti al di sotto di esse. In termini estremamente semplici, è un movimento franoso che si esplica con il movimento di un blocco rigido, collocato al di sopra di un terreno sciolto, spesso ad alta componente argillosa, a seguito di deformazioni plastiche che coinvolgono quest’ultimo.

 

  • Frane complesse

I movimenti franosi complessi non sono altro che il risultato della combinazione di più tipologie di movimenti franosi semplici, i quali sono stati elencati sommariamente nei punti precedenti.

A questo punto, al fine di chiarire meglio le diverse tipologie di frane elencate sopra, si propongono di seguito alcune immagini relative a movimenti franosi che si sono verificati proprio nella regione Calabria:

Fig. 2: Un esempio di attivazione di frana per crollo a seguito di forti mareggiate, nella zona di Isola Capo Rizzuto (KR) (Pellegrino e Borrelli, 2005).

 


 

 

Fig. 3: Nell’immagine di sinistra (o sopra per i dispositivi mobili) un esempio di fenomeno franoso per scorrimento rotazionale nell’abitato di Sinopoli Inferiore (RC); nell’immagine di destra è riportato un altro evidente fenomeno franoso per scorrimento rotazionale che ha coinvolto un palazzo di Belvedere Marittimo (CS) (Pellegrino e Borrelli, 2005).

Fig. 4: Un esempio di movimento franoso per colata, che si è avuto nei depositi argillosi pliocenici nella zona di Catanzaro (Pellegrino e Borrelli, 2005).

 

 

Fig. 5: Un esempio di movimento franoso complesso; in particolare, si tratta di un fenomeno franoso roto-traslativo evolutosi nella parte finale in colata di detrito e fango, che ha interessato la frazione di Cavallerizzo nel comune di Cerzeto (CS) (Pellegrino e Borrelli, 2005).

 

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Bibliografia

Ciccacci Sirio. «Le fome del rilievo.» 2010.

Pellegrino Annamaria e Borrelli Sergio. «Analisi del dissesto frana in Calabria.» 2005.

Varnes D.J. «Slope movement types and processes.» 176 (1978).

 

Dott. Geol. Matteo Montesani

Calabria. Ondata di freddo del 25.03.2020

Le correnti fredde arrivate nelle ultime ore hanno prodotto una nevicata molto interessante sul territorio silano e presilano.

Ecco un po’ di foto e video raccolte stamattina.

Le nevicate sono scese anche sulla Città di Cosenza, grazie alla formazione di uno strato di aria fredda che ha mantenuto la colonna d’aria adatta alla sopravvivenza dei fiocchi di neve fino al suolo.

Qui possiamo vedere alcune testimonianze.

 

Queste invece sono immagini raccolte dalle webcam sulla Sila e sulla presila, dove possiamo osservare l’accumulo al suolo della neve

 

 

Nonostante il blocco totale, alcuni operatori devono garantire vari servizi per la popolazione, da loro abbiamo ricevuto la testimonianza video e fotografica della situazione in Sila Piccola e precisamente in Loc. Ciricilla nel comune di Taverna Cz.

 

Contributi video sempre da Ciricilla.

Commento

Dopo la mattinata andata perfettamente come da previsione, concentriamoci ora sulla seconda fase del maltempo.

FORTE PEGGIORAMENTO SULLE IONICHE E RILIEVI ESPOSTI.

La quota neve è ancora in aumento, sulla Sila piccola al momento sui 1000-1100 (e salirà ancora) ma con precipitazioni deboli.

Nel corso del pomeriggio, e ancor di più tra la sera e la notte ci aspetta una fase di FORTE maltempo.

Il classico maltempo da scirocco con tanta pioggia, locali nubifragi, vento e mareggiate sulle coste ioniche più esposte alle correnti.

Per maggiori dettagli riportiamo ad nostri interventi in merito:

Mercoledì 25 Marzo 2020

 

Giovedì 26 Marzo 2020

Gli accumuli più elevati, che potrebbero superare anche i 200mm, si avranno sui rilievi esposti dell’Aspomonte, Serre e appunto della nostra Sila e presila Piccola.

La situazione si farà molto pesante in alcune aree. Altra occasione per STARE A CASA.

Intervento realizzato in collaborazione con

Domenico Talarico

IL FENOMENO DEL DISSESTO IDROGEOLOGICO NELLA REGIONE CALABRIA

1.     Il rischio idrogeologico

Il termine dissesto idrogeologico viene utilizzato per indicare tutti i danni – reali o potenziali – e i fenomeni il cui innesco, caratteristiche e dinamica, sono condizionati prevalentemente dall’elemento “acqua”, dalle caratteristiche di rocce e terreni, nonché dalla morfologia del paesaggio: in modo più generico, quindi, dalla “storia geologica” di una determinata area.

Le manifestazioni più tipiche di fenomeni idrogeologici sono frane, alluvioni, erosioni costiere, subsidenze e valanghe (http://www.protezionecivilecalabria.it/).

In Calabria il dissesto idrogeologico è diffuso in modo capillare e rappresenta una problematica di notevole importanza. Tra i fattori naturali che predispongono il nostro territorio ai dissesti idrogeologici rientra la sua conformazione geologica e geomorfologica, caratterizzata da un’orografia (distribuzione dei rilievi montuosi) complessa e bacini idrografici generalmente di piccole dimensioni, che sono quindi caratterizzati da tempi di risposta alle precipitazioni estremamente rapidi. Il tempo che intercorre tra l’inizio della precipitazione piovosa e il manifestarsi della piena nel corso d’acqua può essere dunque molto breve. Eventi meteorologici intensi, combinati con queste caratteristiche del territorio, possono dare luogo dunque a fenomeni alluvionali violenti caratterizzati da cinematiche anche molto rapide.

Il rischio idrogeologico è inoltre fortemente condizionato anche dall’azione dell’uomo.

La densità della popolazione presente su aree a rischio idrogeologico, l’abusivismo edilizio, l’abbandono dei terreni montani, gli incendi, la mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d’acqua aggravano il dissesto e mettono ulteriormente in evidenza la fragilità del territorio calabrese aumentando l’esposizione ai fenomeni e quindi il rischio stesso.

La frequenza di episodi di dissesto idrogeologico, che hanno spesso causato la perdita di vite umane e ingenti danni ai beni impongono una politica di previsione e prevenzione non più incentrata sulla riparazione dei danni e sull’erogazione di provvidenze, ma sull’individuazione delle condizioni di rischio e sull’adozione di interventi per la sua riduzione (http://www.protezionecivilecalabria.it/).

 

2.     Dissesto da frana nella Regione Calabria:

Come menzionato nel paragrafo precedente, una delle problematiche principali della Regione Calabria è sicuramente correlata al rischio idrogeologico e in particolar modo al rischio frana.

Da alcune indagini eseguite per l’elaborazione del Piano di Assetto Idrogeologico (P.A.I.), si evidenzia con chiarezza che i territori già interessati da fenomeni di dissesto idrogeologico negli anni ’50, sono stati urbanizzati e profondamente modificati sia attraverso l’attività di Pianificazione urbana sia con l’intervento non autorizzato di privati; nello specifico, a partire dagli anni ’70, si è assistito ad un progressivo degrado del territorio di questa Regione e il dissesto idrogeologico costituisce l’effetto più evidente di tale processo (Pellegrino e Borrelli, 2005).[1]

[1]  <<Analisi del dissesto frana in Calabria>>; Pellegrino Annamaria e Borrelli Sergio, 2005.

 

Fig.1: Dati sui centri abitati instabili in Calabria dal 1907 al 1999 (Pellegrino e Borrelli, 2005).

 

La Regione Calabria si è avvalsa dell’Autorità di Bacino Regionale (ABR) per la realizzazione del progetto IFFI, ossia l’inventario informatizzato dei fenomeni franosi.

I dati statistici riportati dal suddetto progetto, benché eterogenei e differenziati a causa della diversità delle fonti di informazione, evidenziano non solo l’elevato numero di siti sui quali incombe pericolo di frana, ma anche il perdurare sul territorio di una situazione emergenziale, che è fonte di notevole dispendio delle risorse finanziarie.

L’analisi complessiva di circa 9000 frane, censite su circa il 40% del territorio regionale (6032 km²), ha permesso di individuare le tipologie di movimento predominante, ascrivibili principalmente a scorrimenti e a movimenti complessi; secondariamente, anche ad “aree soggette a frane superficiali diffuse”.

Relativamente ai movimenti complessi, la Calabria può vantare un primato su scala nazionale, sia in termini di estensione che di numero per le peculiari condizioni geologiche del territorio (Pellegrino e Borrelli, 2005).

 

Fig. 2: Esempio di uno stralcio della “Carta inventario dei centri abitati instabili”- P.A.I. Regione Calabria.

 

In figura 2 è stato riportato un esempio di cartografazione e classificazione dei fenomeni franosi, a cura dell’Autorità di Bacino della Regione Calabria nell’Ambito del Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico (D.L. 180/98).

In conclusione, in questo articolo è stato fatto un breve excursus inerente al rischio idrogeologico e, in particolare, al rischio frana, contestualizzato al nostro territorio regionale; inoltre, sono stati fatti dei cenni su alcune tipologie di movimenti franosi (nelle righe precedenti si è parlato di scorrimenti e movimenti franosi complessi), i quali verranno trattati ed esplicati con un grado di dettaglio maggiore nel prossimo articolo.

 

Intervento realizzato da

Dott. Geol. Matteo Montesani

Severa ondata di maltempo in arrivo!

<<Una robusta depressione attualmente ubicata nel deserto marocchino, sta richiamando una notevole quantità di aria gelida, che dalla Russia, ha ormai invaso anche il Sud-Italia, apportando un deciso crollo termico, su valori spiccatamente invernali>>.

Il contrasto tra l’aria gelida artica e quella tiepida desertica, fornirà ulteriore energia al sistema depressionario, il quale nelle prossime ore inizierà a risalire il deserto sahariano.

Dall’immagine allegata, osserviamo l’evoluzione temporale e spaziale della depressione.

Fig.1 -Sistema frontale previsto tra il 25 sera e il 26 Mattina, minimo con profondità da 991 hpa sul Canale di Sicilia.

 

Notiamo come entro domani, la stessa avrà ormai raggiunto l’Atlante algerino (qui subirà un’ulteriore instabilizzazione e si caricherà di pulviscolo sahariano), per poi approdare lungo il mar Jonio tra mercoledì e giovedì, apportando notevoli fenomeni di maltempo.

Il Sud-Italia, (in particolare Sicilia e Calabria jonica) sarà area di scontro tra l’aria molto fredda e quella più mite, ne conseguiranno ore di intenso maltempo con temporali abbondanti, grandinate e forti raffiche di vento.

Fig.2 – Rappresentazione del movimento della Pressione su scala Europe, periodo tra oggi 23 Marzo e Venerdì 27 Marzo. Credit GFS by Meteociel.fr

Mercoledì sera, (complice la grande quantità di aria fredda riversatasi al suolo), tornerà la neve (anche abbondante) a partire da quote medio-basse, poi man mano che passeranno le ore, lo scirocco spirerà sempre più forte, garantendo pioggia abbondante anche lungo le quote di montagna.

Fig.3 – Rappresentazione della distribuzione delle piogge in arrivo, periodo tra oggi 23 Marzo e Venerdì 27 Marzo. Credit GFS by Meteociel.fr

In sintesi, per il nostro territorio:

#Domani: Giornata serena o poco nuvolosa, ventilato, clima gelido con temperature molto basse.

#Mercoledì: Giornata molto nuvolosa e fredda con qualche fiocco di neve al mattino; peggiora entro sera con rovesci di neve e grandine, temperature in graduale aumento entro notte.

#Giovedì: Temperature in forte rialzo con temporali molto abbondanti, (specie sui rilievi, con picchi di 200 mm di pioggia in 24 ore).

Attenzione -> Elevato il rischio di nubifragi.

#Venerdì: Ancora instabile e umido, ma con fenomeni in netta attenuazione.

Seguiranno dettagli.

Intervento realizzato da Umberto Rossini

Colpo di coda invernale. Torna il freddo e arriva il maltempo

Prime analisi sulla nuova settimana, forse la più movimentata da dicembre ad oggi.

Sul bordo dell’anticiclone che punta sulla penisola Scandinava, scivolerà una massa d’aria molto fredda di matrice artico continentale che in modo retrogrado interesserà buona parte dell’Europa.

Il centro-nord Italia avrà a che fare con temperature molto basse che garantiranno gelate e nevicate a quote bassissime.
Il sud Italia resterà ai margini ma avrà la sua dose di freddo, neve e pioggia.

Il freddo sarà più intenso sulla Calabria settentrionale dove le nevicate potrebbero scendere abbastanza di altitudine; Calabria centrale e meridionale più ai margini.

Figura 1 – Rappresentazione dell’arai fredda in arrivo, periodo tra oggi 21 Marzo e Mercoledì 25 Marzo. Credit GFS by Meteociel.fr

Si parte domani:

DOMENICA. Una blanda depressione afro-mediterranea spingerà correnti umide di scirocco, tanta nuvolosità, venti da sud-est moderati ma deboli piogge più probabili al pomeriggio specie su bassa Calabria e a ridosso dei rilievi.

LUNEDÌ. La depressione sarà ancora attiva seppur in allontanamento verso levante ma determinerà ancora instabilità sull’intera regione con pioggia sparsa nuovamente più probabile al pomeriggio e alla sera quando inizierà l’aflusso dell’aria artica con quota neve sulla Sila in lento ma costante calo. Nella notte tra lunedì e martedì non si escludono nevicate fin sui 400-500mt su calabria settentrionale e fin su 800mt su Calabria centrale

MARTEDÌ. Freddo in accentuazione, e precipitazioni specie nella prima metà del giorno con quota neve in leggero calo.

MERCOLEDÌ richiamo mite, con tanto nuovo maltempo e tanta neve sulla Sila con quota neve inizialmente bassa ma in rapido aumento. Possibili forti precipitazioni sulla regione, specie sulle aree ioniche.

Figura 2 – Rappresentazione della distribuzione delle piogge in arrivo, periodo tra oggi 21 Marzo e Mercoledì 25 Marzo. Credit GFS by Meteociel.fr

Ovviamente questa è la previsione in linea di massima. Si tornerà giorno per giorno nei dettagli.

Fig.3 – Andamento temperature e precipitazioni previste

MA Occhio alle sorprese e al maltempo.

Nel frattempo vi invito a STARE A CASA.

Intervento realizzato da Domenico Talarico

CoVid-19 e ambiente; una relazione particolare.

Approfittando della lunga quarantena, continuano gli approfondimenti da parte di Meteopresila, che provano a spiegare in modo semplice, la correlazione tra ambiente e fenomeni quotidiani.

In questo appuntamento andremo ad affrontare una notizia molto particolare, da interpretare sotto molti aspetti.

Da qualche giorno i giornali e le televisioni sottolineano che, date le quarantene imposte dai vari Governi nazionali (Cina in primis), i livelli di inquinamento dell’aria sono radicalmente scesi.
In quest’articolo proveremo ad analizzare e a spiegare quanto accade in questi giorni. Prima però si necessita di una breve spiegazione per capire il fenomeno.

Inquinamento atmosferico

Con il termine inquinamento atmosferico si intende la presenza nell’aria di sostanze che modificano la naturale composizione dell’atmosfera terrestre: 78% di azoto, 21% di ossigeno e 1% di argon e di “gas in traccia”, che comprendono anche tutte le sostanze cosiddette “inquinanti”.

Gli inquinanti si suddividono in primari, emessi direttamente in atmosfera, e secondari, formati in atmosfera per reazioni fisico-chimiche tra inquinanti primari.

L’origine di queste sostanze può essere naturale (eruzioni vulcaniche, erosione eolica) o antropica (attività produttive, combustioni).

Una volta immessi in atmosfera, gli inquinanti sono soggetti a fenomeni di dispersione, trasporto e trasformazione chimica; per tale motivo, la concentrazione degli inquinanti in aria cambia notevolmente nel tempo e nello spazio. (fonte ARPA Valle d’Aosta)

Fatta questa doverosa premessa, possiamo ora scendere brevemente nel dettaglio per definire quali sono i componenti primari di cui sentiamo parlare ogni giorno:

  • PM 2.5 – PM 10

Il particolato atmosferico è una miscela di sostanze organiche ed inorganiche, si tipo solido o liquido, che possono avere origine naturale, come ad esempio il polline, o natura antropica, derivante da attività industriali e dalle combustioni di carburanti di tipo carbonico, come il petrolio e i suoi derivati. La caratteristica principale delle particelle di tipo PM è la lunga permanenza in atmosferica e possono essere trasportate per lunghe distanze o resistere per lungo tempo in un posto specifico (come nella pianura Padana);

  • Ossidi di azoto tipo Nox

L’azoto, combinandosi con l’ossigeno presente nell’atmosfera, genera diverse tipologie di componenti, tra cui il biossido di azoto NO2. Si forma in qualsiasi processo di combustione dove si impiega l’aria come comburente. La reazione del composto NO con la radiazione solare contribuisce alla formazione degli inquinanti come l’ozono. Anche in questo caso l’origine può essere naturale, derivante dai batteri o da vulcani attivi, o antropica, derivante dalla lavorazione delle centrali termoelettriche o dal riscaldamento domestico;

  • Monossido di carbonio CO

Il monossido di carbonio è l’inquinante gassoso più abbondante in atmosfera. Si tratta di un inquinante primario che ha una lunga permanenza in atmosfera (fino a quattro-sei mesi). Esso proviene dalla combustione di materiali organici, nel caso in cui la quantità di ossigeno a disposizione è insufficiente.

Le sorgenti principali di produzione della CO sono il traffico urbano, le industrie di raffinerie di petrolio e fonderie, smaltimento dei rifiuti e, soprattutto, si sviluppa in forti quantità durante gli incendi boschivi.

I componenti appena descritti sono le forme principali di cui sentiamo parlare ogni giorno. La reazione tra di loro genera vari composti, che possono andare ad intaccare l’atmosferica (come nel caso del buco dell’ozono, ossia la riduzione dello strato di ozono atmosferico) o creare barriere che possono modificare l’ambiente (come nel caso dei gas serra, condensazione di gas che limitano il naturale percorso della luce e dell’aria, trattenendo la componente dell’irraggiamento e modificando temperatura e clima in specifiche zone).

Finita questa doverosa premessa, entriamo nello specifico della notizia. In uno studio pubblicato congiuntamente tra NASA, l’agenzia spaziale americana, e l’ESA, l’ente spaziale europeo, i valori di NOx e gli altri inquinanti è sceso drasticamente in tutto il mondo.

Il CoronaVirus e il blocco delle attività umane

Inquinamento Pianura Padana Immagini Aprile 2019 – l’immagine contiene un’elaborazione dei dati Copernicus Sentinel 2019, processati da ESA

Come rilevato infatti dalla rete di satelliti Sentinel, facenti parte del progetto Copernicus, progetto finanziato e realizzato dall’Unione europea, che dal 2014 monitora i cambiamenti climatici grazie appunto ad una rete di satelliti realizzati ad hoc; le zone che di solito presentano concentrazioni elevate, come la Pianura Padana e il nord della Cina, zona fortemente industrializzata, hanno raggiunto quantità di aria accettabili rispetto ai mesi precedenti.

Ricordiamo che ad inizio anno, nel Nord Italia si è vissuto il blocco totale dei mezzi fino alla categoria Euro 3 o 4 in base alle zone (le categorie sono definite in base alla quantità di inquinamento prodotto dai vari tipi di combustione sui mezzi di trasporto).

Nel Video di seguito possiamo vedere nel dettaglio proprio quanto descritto prima

https://www.esa.int/ESA_Multimedia/Videos/2020/03/Coronavirus_nitrogen_dioxide_emissions_drop_over_Italy

Questa è la chiara dimostrazione di come l’uomo sia artefice della gran parte dell’inquinamento atmosferico.

Nonostante l’applicazione di politiche internazionali volte alla riduzione dell’impiego di risorse per abbattere il consumo e l’inquinamento, come gli accordi di Parigi o il protocollo di Kyoto, finora non si erano mai registrati dei valori così drastici di abbassamento delle componenti inquinanti nell’aria.

Nei periodi di quarantena invece, quindi da fine gennaio ad oggi, con conseguenti mezzi fermi e trasporti ridotti, considerando inoltre la drastica riduzione del consumo delle risorse per la produzione di energia utile alle attività produttive e al riscaldamento degli ambienti (favoriti anche da un inverno con temperature più alte della media), in tutto il mondo l’abbassamento di questi valori è risultato molto evidente.

L’obiettivo del progetto di sviluppo sostenibile, organizzato dall’ONU nel 2015 ed avente 169 target da raggiungere entro il 2030, è proprio quello di arrivare ai valori registrati in questo mese.

Forse da questo enorme ostacolo che stiamo vivendo in questi giorni, riusciremo ad imparare una grande lezione.

Il mondo è malato, inquinato dalla mano dell’uomo.

Qui di seguito possiamo veder l’esempio Cinese, con effetti anche superiori rispetto al caso italiano.

Famosa mappa ritraente l’inquinamento da biossido d’azoto in Cina.

 

Vogliamo davvero continuare così?

Arrivederci al prossimo appuntamento da parte di Meteopresila

 

L’oscillazione Artica, il primo responsabile sul nostro inverno.

Proviamo a dare uno sguardo su quanto sta avvenendo lungo i cieli europei.

L’Artic Oscillation Index (AO), noto anche come Northern Hemisphere annular mode, è un indice su larga scala della variabilità climatica.

Quando l’AO è nella sua fase positiva, un anello di forti venti circolanti in senso antiorario intorno al Polo Nord confina l’aria più fredda nelle regioni polari (Vortice polare molto compatto, capace di scatenare diverse tempeste sulle nazioni oltralpe).

In tale situazione, la pressione a livello del mare alle alte latitudini è estremamente bassa (rafforzamento del vortice polare), mentre alle medie latitudini si ha un rafforzamento degli anticicloni.

Fig.1 – Immagine rappresentativa della AO

 

Questo è quanto sta avvenendo ormai da diversi giorni con un indice AO decisamente elevato (probabilmente da record in quanto mai registrato), con violente temereste che si abbattono sul nord-Europa e condizioni nettamente primaverili lungo le aree del Mediterraneo.

La situazione prevista per i prossimi giorni, (ci viene in ausilio il grafico), pare possa proseguire su questo trend addirittura con un indice AO estremamente elevato (fino a 8 unità).

Fig.2 – Grafico indice AO

Questo si tradurrà in nuove tempeste che potrebbero minacciare il nord-Europa e caldo anomalo che invece continuerà ad interessare le aree del sud-Europa.

Anche questo, è un ulteriore segnale, che unito alla diminuzione dei ghiacci dell’Antartico e dell’aumento progressivo dei gas serra, ci mostra quanto oramai il sistema climatico sia divenuto estremamente vulnerabile.

Siamo in corsa verso effetti sconosciuti del clima che inevitabilmente si traducono in una estremizzazione, sempre più evidente dei fenomeni meteorologici.

Fig. 3 – Andamento (Possibile) delle temperature dei prossimi 15 giorni

Per ora accontentiamoci di un veloce peggioramento nella metà della prossima settimana (Vedi Fig.4), poi l’alta pressione potrebbe riacquistare la sua egemonia, con condizioni di tempo stabile; aggravando in caso ulteriormente il problema della siccità.

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