Processi pedogenetici e movimenti franosi

1.1     Cenni sulla pedogenesi

Una parte molto importante e interessante della Geologia, spesso poco conosciuta e approfondita, è la Pedologia.

In termini estremamente semplici, quest’ultima si occupa dello studio della pedogenesi, ossia di quell’insieme di processi di alterazione chimico-fisica, mineralogica e geotecnica che coinvolgono una roccia madre[1] di partenza, portando gradualmente alla formazione del “suolo”; tali processi sono indotti da fattori fisici, chimici e biologici ed è importante specificare che ogni fattore non è mai considerato in modo indipendente, bensì in stretto legame con tutti gli altri.

Con l’avanzare dell’azione dei processi pedogenetici, la roccia madre tende a perdere parte dei suoi caratteri originari, trasformandosi gradualmente, a partire dalla sua porzione più superficiale, in un suolo di neoformazione che avrà caratteristiche diverse rispetto alla roccia inalterata di partenza.

Il suolo può essere osservato sul campo sotto forma di una serie di superfici di alterazione ad andamento orizzontale-suborizzontale, che dal substrato inalterato (roccia madre) si sviluppano verso l’alto e che tecnicamente prendono il nome di “orizzonti pedologici”, i quali possono presentare caratteristiche simili o essere molto diversi tra di loro e che nel complesso costituiscono un “profilo pedologico”.

Fig. 1: Esempio di un profilo pedologico caratterizzato da 3 orizzonti pedologici (Montesani M., 2017).

 

La situazione geologica descritta poc’anzi, talvolta può rappresentare uno scenario di criticità per l’innesco di movimenti franosi superficiali, come verrà spiegato in dettaglio nel paragrafo successivo.

[1] In questo articolo, per una questione di semplicità, verrà utilizzato genericamente il termine roccia madre associato ai processi pedogenetici, in realtà bisognerebbe parlare genericamente di “materiale parentale”, in quanto i processi pedogenetici non agiscono esclusivamente sulle rocce, ma possono agire anche su altre tipologie di materiali.

 

 

 

1.2    Processi pedogenetici e frane superficiali

 

Gli effetti dei processi pedogenetici sulle rocce come fattori predisponenti, e talvolta scatenanti, di numerose frane superficiali, sono stati analizzati in diversi lavori: Cascini et Al. (2015), hanno analizzato numerose frane superficiali localizzate nella Catena Costiera, nel Massiccio della Sila e nel Graben di Catanzaro, impostate su successioni limoso-argillose o argilloso-limose, sulle quali sono stati individuati profili pedologici con spessori medi di circa 3 metri.

Dal suddetto lavoro è emerso che molte delle superfici di distacco delle frane superficiali, individuate a profondità comprese tra 1-3 metri, sono state precedute dall’apertura di fratture nei profili pedologici, con conseguente evoluzione del fenomeno franoso a seguito dell’infiltrazione di acqua lungo le fratture.

I dati geotecnici riportati nel lavoro, hanno inoltre evidenziato sostanziali differenze, in termini di valori di resistenza al taglio, tra il materiale parentale e i profili di alterazione e anche tra gli orizzonti pedologici costituenti i profili di alterazione.

 

Fig. 2: Movimento franoso superficiale che ha interessato una copertura pedogenetica che si è sviluppata su materiale parentale argilloso (Cascini et Al., 2015).

 

La pedogenesi ha avuto un ruolo chiave anche in un evento franoso catastrofico, come quello che il 5 maggio 1998 ha coinvolto gli abitati di Sarno, Quindici, Siano, Bracigliano e S. Felice a Cancello (Napoli), causando 161 vittime; a tal proposito, nei lavori di Basile et Al. (2003) e Terribile et Al. (2007), è stato messo in evidenza il ruolo chiave che hanno avuto i suoli con proprietà andiche (Andosuoli), in relazione all’innesco del movimento franoso.

Gli Andosuoli presentano proprietà specifiche quali tissotropia, alta capacità di ritenzione idrica, consistenza friabile, elevato contenuto di materia organica ed elevata microporosità, un insieme di proprietà che rendono nel complesso questi suoli particolarmente fertili e soprattutto molto vulnerabili all’innesco di movimenti franosi (Terribile et Al.,2007).

Nello specifico, dai suddetti lavori è emerso che l’innesco dei movimenti franosi si è avuto in seguito alla formazione di superfici di distacco all’interfaccia tra orizzonti pedogenetici diversi, in particolare caratterizzati da importanti variazioni delle proprietà idrauliche con la profondità.

Infine, la ricerca svolta nel corso del mio lavoro di tesi Magistrale (Montesani M.,2017), ha permesso di mettere in atto uno studio integrato a carattere pedologico, chimico-fisico, mineralogico e geotecnico, condotto in località “Dottorella” nel comune di Mileto (Vibo Valentia), un’area interessata da importanti fenomeni franosi che spesso provocano notevoli disagi, in quanto la zona è percorsa da diverse arterie stradali principali ed è inoltre servita da una stazione delle Rete Ferroviaria Italiana.

Lo studio si è rivelato uno strumento molto potente al fine di mettere in evidenza il ruolo che hanno avuto i processi pedogenetici nella predisposizione al dissesto dell’area e nel meccanismo di innesco di una frana superficiale che ha avuto luogo la notte tra il 15 e il 16 marzo 2013; in particolare, volendo sintetizzare al massimo, dallo studio è emerso che la pedogenesi tende a rendere il materiale maggiormente mobilizzabile sotto l’azione dei processi erosivi, predisponendo fortemente l’area all’innesco di movimenti franosi superficiali, considerati anche i forti apporti pluviometrici che si hanno nel corso delle stagioni invernali, sotto l’influenza del clima di tipo Mediterraneo.

 


Bibliografia

 

Basile A., Mele G., Terribile F.,. «Soil hydraulic behaviour of a selected benchmark soil involved in the landslide of Sarno 1998.» Geoderma 117 (2003): 331-346.

Cascini L., Ciurleo M., Di Nocera S.,Gullà G,. «A new-old approach for shallow landslide analysis and susceptibility zoning in fine-grained weathered soils of southern Italy.» Geomorphology 241 (2015): 371-381.

Montesani M. «Caratterizzazione pedologica, chimico-fisica, mineralogica e geotecnica della frana in località “Dottorella” di Mileto (Vibo Valentia).» Tesi di Laurea Magistrale in Scienze Geologiche, 2017.

Terribile F., Basile A., De Mascellis R., Iamarino M., Magliulo P., Pepe S., Vingiani S. «Landslide processes and andosols: the case study of the Campania region, Italy.» Soils of Volcanic Regions in Europe, 2007: 545-563.

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Dott. Geol. Matteo Montesani

Mercoledì 01 Aprile 2020

Giornata instabile con piogge e rovesci sparsi, derivati dal passaggio di un fronte che apporterà deciso, ma veloce maltempo.

Nella mattina di mercoledì si concentreranno le precipitazioni maggiori, le quali raggiungeranno buona parte della regione, in primis i settori nord occidentali.

Fig.1 – Mappa delle precipitazioni previste in mattinata, i colori indicano sulla base della scala in basso, la quantità di pioggia prevista. credit by meteo in calabria

 

Il nucleo di questo maltempo, sarà condizionato da aria molto fredda in arrivo da nord, e dalle prime ore della notte e fino a tarda mattinata, ci aspettiamo buone possibilità di nevicate lungo il nostro territorio,.

La neve potrà accumularsi sui rilievi Silani e del Pollino; qui anche a quote collinari, come sulla sulla Sila Grande e Sila Greca.

Fig.1 – Mappa delle precipitazioni °NEVOSE previste in mattinata; i colori indicano sulla base della scala in basso, la quantità di neve prevista. credit by meteo in calabria

Discorso un po’ diverso invece per la Sila Piccola, dove la quota neve si prevede destinata a rimanere più elevata (1300m circa)

In serata il freddo si accentuerà un po’ ovunque sulla Calabria, le precipitazioni però saranno in esaurimento, e lasceranno il posto a maggiori schiarite.

Temperature decisamente fredde, specie alla notte, sino a -2/-3 °C.

I venti saranno tesi.

Frane e classificazione dei movimenti franosi

Definizione del termine “frana”

 

Le frane possono essere intese come forme strettamente legate alla gravità, prodotte dalla rottura dell’equilibrio dei materiali che costituiscono un determinato versante; in particolare il movimento franoso consiste nella caduta o nello scivolamento di masse rocciose, coerenti o incoerenti, che si distaccano da un pendio e per gravità subiscono un graduale movimento dall’alto verso il basso.

Analizzando la situazione da un punto di vista più tecnico, si può dire che il movimento franoso si verifica quando, all’interno del corpo roccioso, gli sforzi di taglio, che tendono a far muovere il materiale verso il basso, superano le forze resistenti, rappresentate dall’angolo di attrito e dalla coesione del materiale considerato (Ciccacci, 2010).

Da un punto di vista morfologico, una frana può essere suddivisa in una zona di distacco, una zona in cui avviene il movimento e una zona di accumulo, insieme ad altri elementi morfologici che la caratterizzano e che sono stati schematizzati in fig 1.

Fig. 1: Schema e nomenclatura essenziale di una frana (Varnes, 1978).

 

Classificazione dei movimenti franosi

Dopo aver spiegato cosa si intende con il termine frana e dopo averne illustrato per sommi capi la morfologia, proviamo di seguito a fare una classificazione dei principali movimenti franosi (da Ciccacci, 2010):

  • Ribaltamenti

Movimenti franosi dovuti a forze esterne che causano uno sforzo attorno a un punto di rotazione situato al di sotto del baricentro del volume di materiale interessato.

 

  • Frane di crollo

Movimenti franosi estremamente rapidi, in cui le masse rocciose coinvolte si muovono mediante caduta libera con successivi rotolamenti, salti e rimbalzi del materiale franato, il quale può essere costituito da roccia o da terreno sciolto.

 

  • Scorrimenti traslazionali

Il movimento franoso si verifica in prevalenza lungo una superficie di distacco debolmente ondulata o quasi piana, corrispondente spesso a discontinuità strutturali, come giunti di stratificazione, fratture, faglie o contatti litologici tra rocce con caratteristiche geomeccaniche molto diverse. Si tratta di movimenti con velocità variabile da lente a molto rapide, spesso legati a presenza di acque sotterranee che “lubrificano” il piano di scivolamento, al contatto tra rocce più permeabili sovrastanti e materiali poco permabili sottostanti.

 

  • Scorrimenti rotazionali

Il movimento franoso è correlato a forze che producono un movimento di rotazione attorno a un punto posto al di sopra del baricentro della massa rocciosa, che vanno a produrre una superficie di rottura curvilinea e concava verso l’alto.

 

  • Colamenti

I colamenti rappresentano movimenti franosi, solitamente piuttosto lenti, che si verificano in terreni sciolti quando questi si imbibiscono d’acqua per spessori di qualche metro; in questa tipologia di movimento franoso le superfici di scorrimento non sono in genere visibili.

Questa tipologia di movimento franoso è molto frequente su terreni argillosi.

 

  • Espansioni laterali

Queste tipologie di movimenti franosi sono un po’ particolari, in quanto sono connesse a movimenti di masse rigide fratturate, a seguito di deformazioni plastiche che si verificano nei materiali sciolti, spesso caratterizzati da un’importante componente argillosa, presenti al di sotto di esse. In termini estremamente semplici, è un movimento franoso che si esplica con il movimento di un blocco rigido, collocato al di sopra di un terreno sciolto, spesso ad alta componente argillosa, a seguito di deformazioni plastiche che coinvolgono quest’ultimo.

 

  • Frane complesse

I movimenti franosi complessi non sono altro che il risultato della combinazione di più tipologie di movimenti franosi semplici, i quali sono stati elencati sommariamente nei punti precedenti.

A questo punto, al fine di chiarire meglio le diverse tipologie di frane elencate sopra, si propongono di seguito alcune immagini relative a movimenti franosi che si sono verificati proprio nella regione Calabria:

Fig. 2: Un esempio di attivazione di frana per crollo a seguito di forti mareggiate, nella zona di Isola Capo Rizzuto (KR) (Pellegrino e Borrelli, 2005).

 


 

 

Fig. 3: Nell’immagine di sinistra (o sopra per i dispositivi mobili) un esempio di fenomeno franoso per scorrimento rotazionale nell’abitato di Sinopoli Inferiore (RC); nell’immagine di destra è riportato un altro evidente fenomeno franoso per scorrimento rotazionale che ha coinvolto un palazzo di Belvedere Marittimo (CS) (Pellegrino e Borrelli, 2005).

Fig. 4: Un esempio di movimento franoso per colata, che si è avuto nei depositi argillosi pliocenici nella zona di Catanzaro (Pellegrino e Borrelli, 2005).

 

 

Fig. 5: Un esempio di movimento franoso complesso; in particolare, si tratta di un fenomeno franoso roto-traslativo evolutosi nella parte finale in colata di detrito e fango, che ha interessato la frazione di Cavallerizzo nel comune di Cerzeto (CS) (Pellegrino e Borrelli, 2005).

 

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Bibliografia

Ciccacci Sirio. «Le fome del rilievo.» 2010.

Pellegrino Annamaria e Borrelli Sergio. «Analisi del dissesto frana in Calabria.» 2005.

Varnes D.J. «Slope movement types and processes.» 176 (1978).

 

Dott. Geol. Matteo Montesani

Le Faglie, le culle dei terremoti.

Introduzione

I terremoti sono provocati da improvvise rotture che si producono per lo più nell’involucro “rigido” esterno terrestre, che prende il nome di litosfera, con movimento relativo delle masse rocciose lungo un piano di faglia che le separa.

Nei terremoti, si ha un graduale rilascio di energia localmente accumulata nelle masse rocciose; lo sforzo di intensità crescente, inizialmente produce una deformazione elastica e successivamente la rottura delle rocce, a seguito del superamento dell’attrito lungo il piano di faglia, sul quale di conseguenza avviene il movimento.

L’energia si disperde di solito con una forte scossa principale (mainshock), talvolta preceduta da piccole scosse premonitorie (foreshocks) e seguita da una serie di numerosi altri scuotimenti detti repliche (aftershocks); altre volte, i terremoti possono manifestarsi anche sotto forma di un’attività che inizia con una forte scossa principale, seguita da numerose repliche con intensità a trend decrescente, pur con molte irregolarità (Pompeo Casati, 1997).

Ovviamente risulta evidente che le differenti modalità di presentarsi dei fenomeni sismici rendono oltremodo difficile l’applicazione di un modello previsionale certo e adattabile in ogni situazione.

I terremoti tettonici, ossia quelli dovuti a movimenti lungo le faglie, sono i più comuni; nel paragrafo successivo si andrà a dare qualche spiegazione in più in relazione al termine “faglia”, ormai diventato di frequente utilizzo.

Le faglie

Con il termine “faglia” vengono indicate tutte le discontinuità piane lungo le quali si ha uno spostamento.

Da un punto di vista geometrico, un piano di faglia, che sarà caratterizzato da una direzione, un’immersione e un’inclinazione[1], separerà due blocchi, i quali prenderanno il nome di “Tetto” e “Letto”, in funzione della loro posizione rispetto al piano; in particolare, definiremo “tetto” il blocco che si trova al di sopra del piano di faglia, mentre definiremo “letto” quello che giacerà al di sotto di esso.

Quando si parla di faglie è fondamentale avere ben presente il concetto di “rigetto” di una faglia; nello specifico, si definisce rigetto, lo spostamento, misurato in punti omologhi, che i due blocchi considerati subiscono lungo il piano di faglia (Boccaletti e Tortorici; 1987).

In realtà ci sarebbe molto da dire ancora in relazione al concetto di rigetto di una faglia, così come su altri parametri strutturali associati alle faglie e sulle diverse tipologie di faglie esistenti; in questo luogo, ci limiteremo a dare delle definizioni generali e proporremo di seguito una classificazione delle principali faglie in funzione del tipo di spostamento che avviene lungo la discontinuità:

[1] Curiosità: La direzione, l’immersione e l’inclinazione di un piano di faglia, prendono il nome di “giaciture” del piano di faglia e possono essere misurate direttamente sul campo, con l’ausilio di una bussola, strumento fondamentale per un Geologo nel corso della sua attività di rilevamento sul campo.

 

  • Faglie Normali: Si hanno delle faglie normali o dirette quando il movimento avviene perpendicolarmente alla direzione della superficie di separazione tra i blocchi, con lo spostamento del tetto, verso il basso rispetto al letto.

Fig. 1: Schema semplificato di una faglia normale o diretta (https://www.mapsism.com/terremoti/faglie-attive).

 

  • Faglie Inverse: Si hanno delle faglie inverse quando il movimento avviene perpendicolarmente alla direzione della superficie di separazione tra i blocchi, con lo spostamento del tetto, verso l’alto rispetto al letto.

Fig. 2: Schema semplificato di una faglia inversa (https://www.mapsism.com/terremoti/faglie-attive).

 

 

  • Faglie Trascorrenti: Si hanno delle faglie trascorrenti se il movimento avviene lungo la direzione del piano di faglia e si possono distinguere due ulteriori sottocategorie di faglie trascorrenti, che prendono il nome di destre e sinistre.

Capire se una faglia trascorrente è destra o sinistra non è molto complesso; è sufficiente considerare un osservatore che staziona su uno dei due blocchi della faglia; se a tale osservatore l’altro blocco apparirà spostato verso destra parleremo di movimento trascorrente destro, quindi di riflesso di faglie trascorrenti destre; analogamente, se l’altro blocco apparirà spostato verso sinistra parleremo di movimento trascorrente sinistro, quindi di faglie trascorrenti sinistre.

Fig. 3: Schema semplificato di una faglia trascorrente sinistra (https://www.mapsism.com/terremoti/faglie-attive).

 

 

Articolo realizzato da

Dott. Geol. Matteo Montesani

 

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Bibliografia

Boccaletti Mario, Tortorici Luigi. «Appunti di Geologia Strutturale.» 1987.

Casati Pompeo L. «Elemeti di Geologia Generale.» 1997.

 

 

CoVid-19 e ambiente; una relazione particolare.

Approfittando della lunga quarantena, continuano gli approfondimenti da parte di Meteopresila, che provano a spiegare in modo semplice, la correlazione tra ambiente e fenomeni quotidiani.

In questo appuntamento andremo ad affrontare una notizia molto particolare, da interpretare sotto molti aspetti.

Da qualche giorno i giornali e le televisioni sottolineano che, date le quarantene imposte dai vari Governi nazionali (Cina in primis), i livelli di inquinamento dell’aria sono radicalmente scesi.
In quest’articolo proveremo ad analizzare e a spiegare quanto accade in questi giorni. Prima però si necessita di una breve spiegazione per capire il fenomeno.

Inquinamento atmosferico

Con il termine inquinamento atmosferico si intende la presenza nell’aria di sostanze che modificano la naturale composizione dell’atmosfera terrestre: 78% di azoto, 21% di ossigeno e 1% di argon e di “gas in traccia”, che comprendono anche tutte le sostanze cosiddette “inquinanti”.

Gli inquinanti si suddividono in primari, emessi direttamente in atmosfera, e secondari, formati in atmosfera per reazioni fisico-chimiche tra inquinanti primari.

L’origine di queste sostanze può essere naturale (eruzioni vulcaniche, erosione eolica) o antropica (attività produttive, combustioni).

Una volta immessi in atmosfera, gli inquinanti sono soggetti a fenomeni di dispersione, trasporto e trasformazione chimica; per tale motivo, la concentrazione degli inquinanti in aria cambia notevolmente nel tempo e nello spazio. (fonte ARPA Valle d’Aosta)

Fatta questa doverosa premessa, possiamo ora scendere brevemente nel dettaglio per definire quali sono i componenti primari di cui sentiamo parlare ogni giorno:

  • PM 2.5 – PM 10

Il particolato atmosferico è una miscela di sostanze organiche ed inorganiche, si tipo solido o liquido, che possono avere origine naturale, come ad esempio il polline, o natura antropica, derivante da attività industriali e dalle combustioni di carburanti di tipo carbonico, come il petrolio e i suoi derivati. La caratteristica principale delle particelle di tipo PM è la lunga permanenza in atmosferica e possono essere trasportate per lunghe distanze o resistere per lungo tempo in un posto specifico (come nella pianura Padana);

  • Ossidi di azoto tipo Nox

L’azoto, combinandosi con l’ossigeno presente nell’atmosfera, genera diverse tipologie di componenti, tra cui il biossido di azoto NO2. Si forma in qualsiasi processo di combustione dove si impiega l’aria come comburente. La reazione del composto NO con la radiazione solare contribuisce alla formazione degli inquinanti come l’ozono. Anche in questo caso l’origine può essere naturale, derivante dai batteri o da vulcani attivi, o antropica, derivante dalla lavorazione delle centrali termoelettriche o dal riscaldamento domestico;

  • Monossido di carbonio CO

Il monossido di carbonio è l’inquinante gassoso più abbondante in atmosfera. Si tratta di un inquinante primario che ha una lunga permanenza in atmosfera (fino a quattro-sei mesi). Esso proviene dalla combustione di materiali organici, nel caso in cui la quantità di ossigeno a disposizione è insufficiente.

Le sorgenti principali di produzione della CO sono il traffico urbano, le industrie di raffinerie di petrolio e fonderie, smaltimento dei rifiuti e, soprattutto, si sviluppa in forti quantità durante gli incendi boschivi.

I componenti appena descritti sono le forme principali di cui sentiamo parlare ogni giorno. La reazione tra di loro genera vari composti, che possono andare ad intaccare l’atmosferica (come nel caso del buco dell’ozono, ossia la riduzione dello strato di ozono atmosferico) o creare barriere che possono modificare l’ambiente (come nel caso dei gas serra, condensazione di gas che limitano il naturale percorso della luce e dell’aria, trattenendo la componente dell’irraggiamento e modificando temperatura e clima in specifiche zone).

Finita questa doverosa premessa, entriamo nello specifico della notizia. In uno studio pubblicato congiuntamente tra NASA, l’agenzia spaziale americana, e l’ESA, l’ente spaziale europeo, i valori di NOx e gli altri inquinanti è sceso drasticamente in tutto il mondo.

Il CoronaVirus e il blocco delle attività umane

Inquinamento Pianura Padana Immagini Aprile 2019 – l’immagine contiene un’elaborazione dei dati Copernicus Sentinel 2019, processati da ESA

Come rilevato infatti dalla rete di satelliti Sentinel, facenti parte del progetto Copernicus, progetto finanziato e realizzato dall’Unione europea, che dal 2014 monitora i cambiamenti climatici grazie appunto ad una rete di satelliti realizzati ad hoc; le zone che di solito presentano concentrazioni elevate, come la Pianura Padana e il nord della Cina, zona fortemente industrializzata, hanno raggiunto quantità di aria accettabili rispetto ai mesi precedenti.

Ricordiamo che ad inizio anno, nel Nord Italia si è vissuto il blocco totale dei mezzi fino alla categoria Euro 3 o 4 in base alle zone (le categorie sono definite in base alla quantità di inquinamento prodotto dai vari tipi di combustione sui mezzi di trasporto).

Nel Video di seguito possiamo vedere nel dettaglio proprio quanto descritto prima

https://www.esa.int/ESA_Multimedia/Videos/2020/03/Coronavirus_nitrogen_dioxide_emissions_drop_over_Italy

Questa è la chiara dimostrazione di come l’uomo sia artefice della gran parte dell’inquinamento atmosferico.

Nonostante l’applicazione di politiche internazionali volte alla riduzione dell’impiego di risorse per abbattere il consumo e l’inquinamento, come gli accordi di Parigi o il protocollo di Kyoto, finora non si erano mai registrati dei valori così drastici di abbassamento delle componenti inquinanti nell’aria.

Nei periodi di quarantena invece, quindi da fine gennaio ad oggi, con conseguenti mezzi fermi e trasporti ridotti, considerando inoltre la drastica riduzione del consumo delle risorse per la produzione di energia utile alle attività produttive e al riscaldamento degli ambienti (favoriti anche da un inverno con temperature più alte della media), in tutto il mondo l’abbassamento di questi valori è risultato molto evidente.

L’obiettivo del progetto di sviluppo sostenibile, organizzato dall’ONU nel 2015 ed avente 169 target da raggiungere entro il 2030, è proprio quello di arrivare ai valori registrati in questo mese.

Forse da questo enorme ostacolo che stiamo vivendo in questi giorni, riusciremo ad imparare una grande lezione.

Il mondo è malato, inquinato dalla mano dell’uomo.

Qui di seguito possiamo veder l’esempio Cinese, con effetti anche superiori rispetto al caso italiano.

Famosa mappa ritraente l’inquinamento da biossido d’azoto in Cina.

 

Vogliamo davvero continuare così?

Arrivederci al prossimo appuntamento da parte di Meteopresila

 

La Superluna più spettacolare del 2020

Spettacolo oggi in cielo con la SuperLuna di primavera! Vedremo lo spettacolo di una Luna più grande e luminosa, fenomeno dovuto al fatto che la Luna piena si troverà domani, ma a sole 13 ore di distanza, ovvero nel punto dell’orbita più vicino alla Terra! Avremo infatti Luna Piena oggi alle 18.48, mentre il perigeo sarà alle 7,34 di martedì 10. Per questo la luna più super del 2020 sarà quella di aprile. Mentre nel cielo continua dopo il tramonto, verso ovest, a brillare una splendida Venere, l’astro più luminoso dopo Sole e Luna.
Questa sera la Superluna più brillante del 2020. E’ la seconda delle quattro previste in stretta successione nel corso dell’anno, dopo la prima di febbraio e quelle previste in aprile e maggio.

Nella notte tra il 9 e il 10 marzo la Luna piena è infatti un po’ più vicina, tanto da dare la sensazione di essere un po’ più grande e luminosa del solito. “La prossima Superluna apparirà circa il 7% più grande e un po’ più luminosa della media.

La Luna piena appare un po’ più grande e luminosa coincide con il momento in cui si trova alla minima distanza dalla Terra (perigeo): alle 7,34 del 10 marzo, si troverà a 357.122 chilometri dalla Terra, mentre la distanza media è di poco più di 384.000 chilometri. Questa sovrapposizione tra Luna piena e passaggio al perigeo, prosegue Masi, viene ormai popolarmente indicata come Superluna, anche se il termine “non ha alcuna valenza scientifica: in astronomia si preferisce parlare di Luna Piena al Perigeo, ma senza dubbio l’appellativo di Superluna ha un fascino tutto suo”.

Secondo Masi, “quella offerta dalla Superluna è una preziosa occasione per invitare a recuperare, in generale, la consapevolezza del paesaggio del cielo presso il grande pubblico anche dalla città, notoriamente poco favorevole alla visione delle stelle a causa dell’inquinamento luminoso”. La diretta si inserisce infatti nelle attività del progetto “Dark Skies for All” (Cieli bui per tutti) promosso dall’Unione Astronomica Internazionale (Uai), che punta a sensibilizzare sull’importanza di salvaguardare il cielo dall’inquinamento luminoso.

Mercoledì 26 Febbraio 2020

Il periodo mite prende una pausa, e arrivano correnti fredde a farci ritornare per un po’ in un clima più invernale.

Una perturbazione in ingresso dal nord Europa, andrà a raggiungerci nel corso della giornata, portandoci piogge e anche nevicate sui nostri rilievi.

Al mattino avremo un peggioramento delle condizioni del tempo, a partire dai settori dell’alta calabria tirrenica, dove arriveranno le prime precipitazioni, seppur deboli.

Con il proseguo della giornata le piogge andranno ad espandersi sulla Calabria; non si prevedono fenomeni intensi.

Dal pomeriggio avremo un lieve miglioramento con piogge più deboli, ma più estese verso i settori ionici; e le correnti in ingresso permetteranno alle coperture nuvolose di portarsi più verso est.

 

Temperature in picchiata; ciò permetterà alla neve di raggiungere la Sila e il Pollino, con una quota neve prevista sui 1200m/1300m, ma in calo nel proseguo.

In serata il calo delle temperature porterà la quota neve a scendere sui 900m circa, le precipitazioni si porteranno a ridosso anche del crotonese, ma non si prevedono fenomeni intensi.

La temperatura sarà in netto calo come detto sopra, e la discesa si farà sentire sopratutto dal pomeriggio i valori previsti si aggirano tra i 7°C e i 12°C al piano, intorno ai 3/4°C le minime in collina.

Attenzione ai venti in rotazione e rinforzo dai quadranti occidentali, da tesi a localmente forti di Ponente.

Mercoledì 19 Febbraio 2020

Sulla Calabria arrivano correnti più umide, dalle quali ci aspettiamo maggiori coperture nuvolose.

Al mattino si formeranno nubi a ridosso della fascia tirrenica, dove si potranno avere deboli piovaschi lungo i litorali; quindi cosentino, lametino e vibonese.

Tempo più stabile invece sui settori interni e sulle ioniche.

Lieve peggioramento dal pomeriggio, quando potranno aumentare le coperture e anche i piovaschi potranno estendersi su tutta la fascia tirrenica.

Cieli ancora poco nuvolosi invece sui settori ionici.

Peggioramento ulteriore in serata, quando potranno arrivare (sempre dai quadranti occidentali) piogge più insistenti e diffuse, con un coinvolgimento maggiore anche dei settori montani interni e localmente anche del catanzarese.

Temperature in lieve calo.

I venti si prevedono moderati da ponente.

L’oscillazione Artica, il primo responsabile sul nostro inverno.

Proviamo a dare uno sguardo su quanto sta avvenendo lungo i cieli europei.

L’Artic Oscillation Index (AO), noto anche come Northern Hemisphere annular mode, è un indice su larga scala della variabilità climatica.

Quando l’AO è nella sua fase positiva, un anello di forti venti circolanti in senso antiorario intorno al Polo Nord confina l’aria più fredda nelle regioni polari (Vortice polare molto compatto, capace di scatenare diverse tempeste sulle nazioni oltralpe).

In tale situazione, la pressione a livello del mare alle alte latitudini è estremamente bassa (rafforzamento del vortice polare), mentre alle medie latitudini si ha un rafforzamento degli anticicloni.

Fig.1 – Immagine rappresentativa della AO

 

Questo è quanto sta avvenendo ormai da diversi giorni con un indice AO decisamente elevato (probabilmente da record in quanto mai registrato), con violente temereste che si abbattono sul nord-Europa e condizioni nettamente primaverili lungo le aree del Mediterraneo.

La situazione prevista per i prossimi giorni, (ci viene in ausilio il grafico), pare possa proseguire su questo trend addirittura con un indice AO estremamente elevato (fino a 8 unità).

Fig.2 – Grafico indice AO

Questo si tradurrà in nuove tempeste che potrebbero minacciare il nord-Europa e caldo anomalo che invece continuerà ad interessare le aree del sud-Europa.

Anche questo, è un ulteriore segnale, che unito alla diminuzione dei ghiacci dell’Antartico e dell’aumento progressivo dei gas serra, ci mostra quanto oramai il sistema climatico sia divenuto estremamente vulnerabile.

Siamo in corsa verso effetti sconosciuti del clima che inevitabilmente si traducono in una estremizzazione, sempre più evidente dei fenomeni meteorologici.

Fig. 3 – Andamento (Possibile) delle temperature dei prossimi 15 giorni

Per ora accontentiamoci di un veloce peggioramento nella metà della prossima settimana (Vedi Fig.4), poi l’alta pressione potrebbe riacquistare la sua egemonia, con condizioni di tempo stabile; aggravando in caso ulteriormente il problema della siccità.

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